“Allorché la sua mente è così concentrata … la dirige alla conoscenza del ricordo delle sue vite passate. … … Così egli ricorda le sue molteplici vite … nei loro modi e dettagli”.
Dvedhavitakkasutta (Il Discorso dei Due Generi di Pensiero)[1].
Ipnosi Regressiva e Meditazione Buddista
Mentre l’Occidente ha considerato la possibilità di ricordare le vite passate solo di recente, l’Oriente lo ha fatto per millenni colla meditazione.
Exempli gratia, la Pratica del Ricordo usata dai monaci buddisti è descritta in alcuni testi quali il: Samannaphalasutta (il discorso sul frutto della vita ascetica); Dvedhavitakkasutta (il discorso dei due generi di pensiero); Visuddhimagga (il cammino verso la liberazione).
Inoltre, il ricordo delle vite passate del Buddha è riportato: nel Jataka; e nel Jatakamala.
La tecnica usata dai monaci buddisti applica la meditazione al ricordo.
Conformemente al Visuddhimagga, per raggiungere tale scopo, il monaco dopo essere passato attraverso i quattro stati d’assorbimento meditativo dirige l’attenzione alle vite precedenti. La capacità rievocativa dipende dall’abilità raggiunta. Questa inizialmente richiede la necessità di seguire la successione degli aggregati; in seguito conduce allo sviluppo dell’abilità di poter rievocare qualsiasi vissuto in centinaia di milioni di eoni.
Un novizio, per apprendere la pratica del ricordo, una volta emerso dal quarto assorbimento meditativo dirige a ritroso la sua attenzione cercando di ricordare tutto ciò che ha compiuto dall’ultima azione.
All’insorgere d’una difficoltà, il monaco ripercorre i quattro stati d’assorbimento meditativo, riemergendo dai quali, l’evento problematico gli apparirà in tutta la sua chiarezza (Visuddhimagga).
La pratica richiede il suo tempo poiché il novizio retrocede, giorno dopo giorno, col ricordo fino al momento della sua nascita. Solo a quel punto, passa alle vite precedenti. Un’attività difficile per i principianti che non devono scoraggiarsi. Tentativo dopo tentativo, riusciranno a ricordare dettagliatamente le esistenze passate vissute. Possedere una forte risoluzione è necessario. Ciò ha portato i buddisti a considerare l’adhitthana (termine pali per indicare la ferma determinazione)[2] una delle dieci perfezioni (parami e/o paramita). Ogni momento d’adhitthana è considerato come un “piccolo risveglio”, capace col tempo, di condurre al risultato ricercato.
La capacità di ricordare le vite passate è chiamata pubbenivasanussatinana (ricordo dei precedenti stati di esistenza). La capacità di ricordare gli eventi passati fino alla nascita è chiamata: conoscenza del passato[3].
Anche l’ipnosi regressiva è una metodologia che guida un soggetto[4] al ricordo delle vite passate. Essa è un’applicazione della tecnica ipnotica. Raggiunto lo stato ipnotico, il soggetto dirige l’attrizione al ricordo delle vite passate. Essa permette risultati in tempi più rapidi rispetto a quelli richiesti dalla meditazione buddista. Di contro, la qualità sembra essere minore.
La tecnica ipnotica è una disciplina nata in Occidente con Franz Anton Mesmer. Egli la scoprì accidentalmente imbattendosi in uno dei suoi espedienti base: l’esperienza destabilizzante e/o lo stato di confusione che spinge il soggetto in uno stato di suggestionabilità. L’essere umano posto in una situazione strana (difficile da capire; mai vissuta prima; etc…) sperimenta una sensazione d’incertezza che gli provoca uno stato di malessere. Il bisogno di dare significato all’insolito, rende il soggetto particolarmente sensibile ad ogni suggestione offerta dall’ambiente. E’ proprio la necessità d’uscire dallo stato d’incertezza, e/o di confusione, a cagionare la suggestionabilità.
Da allora, l’ipnosi si evolse in cinque tappe (Del Castello e Casili, 2007). Ognuna dominata da una figura leader. La prima tappa, come detto, fu quella dell’ipnosi classica di Masmer. La seconda quella dell’abate Faria che distinse tra soggetti ipnotizzabili e no[5]. La terza tappa ebbe due protagonisti: James Braid e Phineas Parkhurst Quimby[6]. La quarta tappa ebbe protagonista la scuola di Nancy ed il medico francese Ambrosie Lièbeault. La quinta tappa, la scuola della Salpetriere ed il neurologo Jean-Martin Charcot. Quest’ultimo distinse tra due tipi d’induzione ipnotica: quello “forte e brusco”; e quello “debole e prolungato”. Col primo si provocano stati di catalessia attraverso stimolazioni violente ed improvvise (e.g. l’apparizione d’una luce in una camera scura). Col secondo, i soggetti sono condotti in uno stato ipnotico con l’uso di alcune tecniche classiche quali: il progressivo affaticamento della vista; le pressioni delicate sul corpo; l’uso di comandi verbali; etc… .
In contrapposizione all’ipnosi classica, Milton Erickson propose l’ipnosi naturalistica.
I sostenitori di quest’ultima affermano di condurre i soggetti alla trance ipnotica usando le “risorse ipnotiche” di questi[7]. Le tecniche usate non procedono in modo autoritativo, ma, di volta in volta, sono ricucite e riadattate su misura sui soggetti. Ciò la rende flessibile. L’importante è seguire alcune linee guida quali: guidare l’attenzione; costruire “responsività” ai “segnali minimi”; usare la confusione; guidare le associazioni; promuovere la dissociazione; istaurare la regressione; favorire cambiamenti nello schema percettivo; accedere alle motivazioni; definire la situazione come ipnosi; ratificare le risposte “come ipnosi”; e lavorare subito con l’ipnosi (Del Castello e Casilli, 2011).
Molto studiata è: la costruzione delle frasi e del discorso; la creazione del consenso; la polarizzazione dell’esperienza[8].
La differenza tra l’ipnosi e l’ipnosi regressiva sta nell’oggetto verso cui è diretta l’attenzione. Il soggetto, entrato nello stato ipnotico, è guidato progressivamente al ricordo d’eventi passati. Partendo dall’infanzia, il ricordo è portato verso le vite precedenti.
Un esempio di “istruzioni” per ricordare l’infanzia è il seguente:
“Ora la tua mente, libera dai limiti temporali, può ricordare gli eventi dell’infanzia. Lascia emergere un ricordo felice”.
Oppure:
“Restando in questo stato di profondo rilassamento, puoi ricordare tutto. Lascia che la mente scelga un ricordo di quando eri bambino”.
Un esempio d’“istruzioni” per ricordare vite passate è il seguente:
“Ora immagina una porta chiusa … una porta che ha un particolare potere … quello d’aprirsi sui ricordi d’una tua precedente vita. Aprendola sarai pervaso da una chiara luce … una luce amorevole … che infonde pace e tranquillità … mentre lentamente … da essa emergerà … prederà forma … il ricordo d’una tua precedente esistenza”.
Oppure:
“La tua memoria non ha limiti, può sporsi liberamente nello spazio-tempo… essendo capace di rievocare qualsiasi ricordo inerente alle tue precedenti esistenze. Per facilitare ciò, immagina che dinanzi a te appai una cabina d’un ascensore, entravi. Essa è una macchina del tempo, capace di portare la tua mente indietro nel Tempo. Rendi la cabina confortevole … e quando sei pronto … alza lievemente la mano destra … … . Bene ora sei pronto a proseguire il viaggio. Per partire premermi un tasto da tè scelto e/o immagina di dare tale comando alla cabina. Durante il viaggio, la cabina sarà pervasa d’una piacevole luce. Arrivato a destinazione, la luce si affievolirà … ed all’apertura della porta vedrai il ricordo evocato”.
Il resto è solo: esperienza individuale; ed interpretazioni sulle esperienze avute.
I ricordi possono essere assunti come ipotesi di ricerca. Potranno essere verificati (o confutati) attraverso la ricerca di controfattuali storici a là Stevenson.
In questo scritto non analizzo themae cari alla letteratura New Age quali: le anime gemelle; i colori dell’anima; le tipologie dei gruppi di anime; le guide spirituali; etc… .
“For me, I know nothing; nothing I deny,
Admit-reject-contemn: and what know you,
Except perhaps that you were born to die?
And both may after all turn out untrue.
An Age may come, Font of Eternity,
When nothing shall be either old or new.
Death, so called, is a thing which makes me weep,
And yet a third of life is passed sleep”.
Lord Byron, Don Juan, canto XIV
Sogni Lucidi e Yoga del Sonno
In Occidente s’affermò un certo interesse per sogni lucidi durante la seconda metà del 1900. Di contro, la tradizione tibetana li studiò da secoli.
La tradizione Bon[9] sostiene che le tecniche legate allo yoga del sogno e del sonno sono state tramandate all’interno del suo lignaggio per più di 17.000 anni. Un lignaggio iniziato da Buddha Shenrab Miwoche.
In questo paragrafo parleremo: dello yoga tibetano del Sogno; dello yoga tibetano del Sonno; e delle ricerche sui sogni lucidi avvenute in Occidente.
Gli autori di riferimento, pubblicati in occidente, sulle tecniche yoga sono: Tenzin Wangyal Rinpoche (1998; 1997); Lama Lodo (1996); Namkhai Norbu Rinpoche (1993); Gyatrul Rinpoche (1993).
Conformemente ai loro insegnamenti, l’attività onirica è: un’estensione del samsara; determina dal karma. Durante lo stato intermedio dei sogni, la mente d’un individuo non ancora realizzato è guidata dal prana karmico. Questo, unendosi e stimolando le tracce karmiche depositate nella “coscienza deposito”, crea immagini oniriche. I sogni esprimono così le tracce karmiche accumulate dal soggetto nel suo pellegrinaggio nei sei regni d’esistenza (Tenzin Wangyal Rinpoche, 1998).
Conformemente alla tradizione bon, esistono tre tipi di sogni: i sogni samsarici; i sogni della chiarezza; i sogni della Chiara Luce.
Parallelamente, esistono tre tipi di sonno: il sonno dell’ignoranza; il sonno samsarico; ed il sonno della Chiara Luce.
I sogni samsarici sono i “sogni comuni” originati da tracce karmiche individuali. Hanno significati prevalentemente soggettivi, non in senso psicoanalitico ma karmico. In altre parole, questi sogni riguardano la vita (e/o le precedenti esistenze) dell’individuo. In essi eventi della vita presente e d’esistenze passate si mescolerebbero in un caotico e disordinato affiorare d’immagini a causa: della stimolazione del prana karmico; e dell’assenza del filtro della coscienza vigile. I ricordi che emergono in superfice, si mescolano fra di essi, come bolle d’aria nell’acqua. In questo tipo di sogni non avvengono incontri reali con altre entità, richiedendo questi il mantenimento della coscienza ivi assente.
I sogni della Chiarezza compaiono col progredire della pratica. Richiedono la capacità di: equilibrare il prana e la mente; entrare in uno stato di presenza mentale non-duale. Essi sono causati dalle tracce karmiche collettive. In altre parole, essi hanno significato oggettivo. Questo poiché la mente in essi può entrare in contatto con altri esseri reali. Con questi, il soggetto può comunicare e/o ricevere insegnamenti. Ad esempio si possono incontrare maestri spirituali, antenati, amici, con i quali dialogare.
I sogni della Chiara Luce richiedono maestria nella pratica dello yoga. Il soggetto acquisisce l’abilità di rimane saldo nella presenza mentale non duale[10]. In altre parole, la sua mente rimane stabile nella Chiara Luce[11]. In essi possono esserci, come non esserci, immagini oniriche. Ciò che li contraddistingue è l’abilità a mantenere la consapevolezza della natura illusoria di tutto ciò che accade, evitando di identificarsi con essa.
I primi due tipi di sogno possono essere: lucidi e/o non lucidi.
Il terzo tipo può essere solo lucido. Una lucidità costante che rimane nello stato di sogno e di sonno. Infatti, anche il sonno di Chiara Luce è l’abilità dello yogin di dimorare stabilmente nella Radiosità[12]. Raggiunte queste due abilità, lo yogin crea attraverso lo yoga del sogno[13] il corpo divino ed attraverso lo yoga del sonno[14] la mente divina.
Le tecniche insegnate in Tibet presentano un grado di “complessità” maggiore rispetto alle tecniche insegnate in Occidente[15]. Ai novizi è chiesta una costante disciplina nella pratica dello yoga.
Una pratica ‘suddivisa’ in: tecniche di base; tecniche preparatorie alla notte; tecniche principali; e tecniche d’integrazione attraverso le quali, l’abilità di mantenersi nella Chiara Luce è estesa a tutti gli altri stati intermedi.
Un esempio delle tecniche base è il seguente: riconoscere la natura onirica della vita[16]. Una pratica che ha l’obiettivo di trasferire tale abilità nel sogno.
Un’altra tecnica è la “pratica del ricordo”. Quest’abilità, esercitata due volte al giorno, richiede di ricordare gli eventi della giornata come fossero sogni, prima di addormentarsi, e al risveglio, ricordare i sogni allo stesso modo.
Esempi di tecniche preparatorie alla notte sono: la purificazione della mente[17]; la “protezione” durante il sonno[18]; lo sviluppo d’una connessione con un Maestro che aiuti il soggetto nell’avanzamento nella pratica[19].
La pratica principale consiste nell’integrare le immagini mentali colle dinamiche energetiche proprie della struttura psico-fisica del soggetto (descritta in summa nella prima parte). Per comprenderla, è necessario illustrare la fisiologia energetica dei tre canali energetici principali[20]. Questi canali possono essere identificati con Ida, Pingala e Susumna, sebbene nella riflessione tradizionale inerente lo yoga del sonno sono stati rielaborati[21]. Il canale centrale è raffigurato dal colore blu; il canale destro dell’uomo, dal colore bianco; il canale sinistro dell’uomo, dal colore rosso. La posizione dei canali laterali (destro e sinistro) nella donna è invertita.
Nel canale bianco circola il prana karmico[22]; nel canale rosso il prana della saggezza[23]. Nel canale centrale è realizzata la non-dualità.
Molti aspetti della pratica dello yoga tengono conto della fisiologia energetica.
Per istanza, essa determina il lato su cui dormire. Gli uomini dormono coricati sul lato destro; le donne sul sinistro. Questo favorirebbe l’apertura del canale rosso in cui scorre il prana della saggezza, grazie ad una lieve pressione esercitata, di contro, sul canale bianco. Questa pressione provocherebbe una parziale chiusura del canale bianco, ostacolando in tal guisa lo scorrimento del prana karmico.
L’obiettivo delle tecniche principali è: portare la coscienza nel canale centrale; e sviluppare la presenza della Chiara Luce.
L’integrazione è lo scopo finale dello yoga.
Attraverso questa tecnica è estesa la ‘presenza mentale nella Chiara Luce’ in tutti gli altri stati intermedi. In questo modo si accresce la capacità: di mantenersi distaccati dagli eventi; d’acquisire maggiore obiettività; di radicarsi più saldamente nella permanenza della Chiara Luce; ed di superare i Klesa.
In questo modo, lo stato intermedio di morte non è diverso dall’addormentarsi. Rimanendo consapevoli, è vinto il ciclo delle rinascite.
Per comprendere ciò, è da fare un’ultima precisazione.
Innanzi tutto è da chiarire come l’esistente per la tradizione buddista emerga dall’Unione di Vacuità e Chiara Luce attraverso l’azione della ruota della co-produzione condizionata. Quindi, per comprendere il pensiero buddista è sempre da tenere presente i concetti di Vacuità e di Chiara Luce.
Vacuità è definita come: la natura ultima della Realtà; l’essenza di tutti gli esseri ed entità (includendovi tutti: i fenomeni esterni; ed interni). Nonostante fu Buddha il primo a parlarne, il concetto fu sviluppato particolarmente nel II secolo d. C. dal fondatore della scuola Madhyamaka (Nagarjuna).
La Chiara Luce, di contro, è un concetto ampio che (in questo contesto) può essere identificato colla natura ultima della mente. Essa è il livello “più sottile della mente”. Nonostante sia onnipervasiva, la mente grossolana non la riesce ad avvertire. Solo durante lo stato intermedio di morte, avvenendo la dissolvenza della mente grossolana, la persona riesce a percepirla.
Lo yoga del sogno e del sonno cercano di allenare progressivamente i soggetti a prendere contatto colla Chiara Luce mentre dormono. In questo modo, imparano ad integrarla con tutti gli altri stati intermedi. E’ la capacità di restare nella Chiara Luce a liberare il soggetto dal ciclo delle rinascite.
Come lo yoga del sogno, anche lo yoga del sonno è costituito da un insieme di tecniche di visualizzazione. Il suo obiettivo è restare consapevoli durante il passaggio dallo stato di veglia a quello di sonno. Per riuscire, la consapevolezza è orientata al riconoscimento del progressivo estinguersi delle percezioni sensoriali. Questo processo è suddiviso in cinque fasi. Ognuna di esse è rappresentata da un tiglè[24] di colore diverso.
La prima fase comincia col coricarsi. La consapevolezza è focalizzata sul tigle’ di luce gialla. La seconda fase inizia col chiudere gli occhi. L’attenzione verso il Mondo esterno diminuisce. La coscienza è portata sul tiglè verde. La terza fase s’instaura col diminuire dell’esperienza sensoriale. La coscienza è trasferita sul tiglè rosso. La quarta fase inizia quando l’esperienza sensoriale è quasi estinta. La coscienza è spostata sul tiglè blu. Infine, entrati nel sonno, inizia la quinta fase. La coscienza è visualizzata sul tiglè bianco.
La visualizzazione è un “sostegno” usato dalla coscienza per mantenersi nella Chiara Luce.
L’apprendimento dello yoga del sonno può essere facilitato, e.g. visualizzando un Maestro.
Altre tecniche di visualizzazione quali il dissolvimento graduale possono essere usate.
Il dissolvimento graduale è una tecnica colla quale è visualizzata la progressiva espansione della luce bianca. Essa parte da un tiglè grande quanto un pollice che lentamente s’irradia diffondendosi all’intero corpo. In seguito, procedendo progressivamente, s’espande all’intero universo. Mentre si diffonde, la luce dissolve tutto ciò che tocca: la stanza; il pianeta; il sistema solare; l’universo. Tutti i tre mondi[25] si dissolvono in essa. Alla fine rimane solo la mente che dissolve i suoi pensieri integrandosi nella Chiara Luce.
In Occidente, la ricerca sul sogno lucido non mira a liberare l’individuo dal ciclo delle rinascite. Gli Occidentali hanno posto la loro attenzione sugli aspetti più piacevoli e ludici dell’esperienza. Molti sono interessati a fare esperienze piacevoli quali quella di volare.
In Occidente quest’argomento fu toccato di rado in passato. Il sufi Ibn El-Arabi, nel XII secolo, affermò che una persona può ricevere grandi benefici nell’allenarsi a controllare i propri pensieri mentre dorme (Shah, 1971). San Tommaso d’Aquino parlò della lucidità affermando che avviene più spesso negli uomini savi e dotati d’immaginazione sul finire dei sogni.
La prima trattazione vera e propria fu fatta dal Marchese Hervey de Saint Denis che nel 1867 pubblicò un diario nel quale racconta: le sue esperienze; come ricordare e controllare i sogni. Una pubblicazione che però non ebbe successo nel grande pubblico.
In seguito, Nietzsche ne fa alcuni accenni nei suoi scritti.
La prima trattazione scientifica fu condotta dallo psichiatra Van Eadem (1913) che coniò anche l’espressione sogno lucido. Lo psichiatra definì il sogno lucido come uno stato di consapevolezza durante il quale è possibile dirigere ed esercitare la propria attenzione e volontà, proseguendo indisturbatamente un sonno profondo e ristoratore. Van Eadem partecipò ai lavori della Society for Psychical Research. Egli riferì d’aver fatto 340 sogni lucidi in quattordici anni.
Altre pubblicazioni furono quelle di: Brown (1936); e Moers-Messmer (1938).
Sognatori lucidi autodidatti, invece, furono: Rudolf Steiner (1947); Hugh Calloway (1962), conosciuto come Oliver Fox; George Gurdjieff.
In campo antropologico, Kilton Stewart (1951) scrisse sulle tecniche di controllo dei sogni usate dai Senoi della Malesia.
Altri autori furono: Rapport (1948); Cecila Green (1968); Charles Tart (1963; 1969; 1979b); Sri Aurobindo (1970); Ann Faraday (1972; 1976); Watkins M. (1976).
Lo studioso Occidentale di riferimento che ha permesso al grande pubblico di conoscere il Sogno Lucito è stato La Berge (1979; 1980; 1981; 1985)[26].
Benché studiò all’Università di Stanford, La Berge, inizialmente, mostrò poca conoscenza del backgraunds culturale dell’oggetto dei suoi studi. Questo lo portò a fare affermazioni “imbarazzanti” ed a non considerare molte delle tecniche e conoscenze acquisite su di esso. LaBerge sostenne, ad esempio, che i sogni lucidi furono trattati molto spesso come un misterioso talento piuttosto che come abilità apprendibile (La Berge 1981). Un’affermazione che mostra come l’Accademico di Stanford ignorasse: lo yoga del sogno e del sonno; e molti scritti antecedenti al suo lavoro, e.g. quelli del Marchese Hervey de Saint Denis (1867).
Egli, durante le ricerche iniziali, considerò gli studi della Garfield che presentava un metodo basato sull’auto-suggestione. Vedendo i risultati modesti ottenuti dalla collega, LaBerge si chiese se fosse possibile incrementare l’abilità di fare sogni lucidi sviluppando metodi più efficaci. Così, sperimentando su se stesso una varietà di tecniche d’autosuggestione, arrivò a sviluppare una propria metodologia. In tre anni di studi fece 389 sogni lucidi, ottenendo col suo metodo un picco di 26 sogni lucidi in un mese.
L’autore ritenne che il problema principale fosse la vaghezza ed inefficienza delle tecniche precedenti. Per questo sviluppò un metodo capace, a suo dire, di produrre a comando i sogni lucidi.
La Berge (1981) individuò due fattori principali utili a produrre i sogni lucidi: la motivazione; e l’intenzione del soggetto, prima d’addormentarsi, di ricordarsi d’essere lucido durante il sogno successivo.
La tecnica sviluppata fu chiamata: MILD (Mnemonic Induction of Lucid Dreams). Una tecnica suddivisa in cinque fasi.
La prima fase è il naturale risveglio del soggetto di primo mattino.
La seconda fase è lo stato di veglia durante il quale il soggetto: memorizza i sogni fatti; e si dedica per 10 / 15 minuti alla lettura e/o altra attività che richieda full wakefulness.
La terza fase è costituita dal ritorno a dormire. In questa fase, il soggetto, nel coricarsi, ripeterà a se stesso una frase suggestiva quale: “Durante il prossimo sogno, diverrò cosciente di stare sognando”.
La quarta fase è caratterizzata dal tentativo del soggetto di creare un’associazione tra il R.E.M. (rapid eye movements) e l’acquisto di coscienza. Nel fare ciò, il soggetto potrà impiegare la visualizzazione. Usando questa tecnica, creerà un’associazione tra la fase R.E.M. e l’emergere della consapevolezza nello stato onirico. Exempli gratia, il soggetto potrà immaginare che l’attività onirica sia connessa ai movimenti oculari rapiti e che, l’occorrere di quest’ultimi, ingeneri l’insorgere dello stato di consapevolezza nel soggetto sognate all’interno del proprio stato onirico.
La quinta fase è costituita dalla ripetizione della terza e quarta fase fino a quando l’intenzione si fissa chiaramente nella mente.
La Berge (1981) riporta d’avere avuto una media di 21,5 sogni lucidi al mese utilizzando questa metodologia.
L’interesse mostrato dall’Università di Stanford (Sleep Research Center della School of Medicine[27]) rese l’argomento di ‘pubblico’ dominio.
Gli scritti di La Berge (1979; 1980; 1981) stimolarono, da allora, nuove ricerche sull’argomento.
Alcuni lavori susseguiti ad essi sono i seguenti.
Gackenbach, J.I. (1988) studiò la presenza di differenze nelle personalità degli individui e nella frequenza dei sogni lucidi.
Larry G. Peters (1989) contrappose lo stato di coscienza dei sogni lucidi allo Shamanistic State of Consciousness (SSC) e all’Ordinary State of Consciousness (OSC).
Paul Tholey (1989) pubblicò un’overview sulle ricerche avvenute in Germania. Egli riporta che lo studio dei sogni lucidi iniziò nel 1959 alla Johann Wolfgang Goethe Università. Descrive pure la “Reflection Technique” da lui sviluppata. Una tecnica che richiede al soggetto di domandarsi più volte al giorno: “Sono sveglio o sto sognando?” al fine di creare un’attitudine critica verso i propri stati di coscienza. Nell’usare questa semplice tecnica, l’autore ottenne il suo primo sogno lucido dopo quattro settimane.
Spadafora A. & Hunt H. T. (1990) compararono e correlarono: sogni lucidi; sogni archetipi-mitologici; ed incubi.
Richard Smoley (1992) affrontò l’argomento facendo “brevi accenni”, assai generici e vaghi, alle diverse tradizioni.
Walsh R. N & Vaughan F. (1992) esplorarono le implicazioni transpersonali legate ai sogni lucidi. Essi ipotizzano come i sognatori lucidi potessero decidere d’usare, ad un certo punto, il sogno lucido come tecnica transpersonale per avere esperienze transpersonali.
Donald J. DeGracia (1999) applica the Global Workspace System di Baars (1988) nel comparare i processi consci ed inconsci operanti nello stato di veglia, di sogno non lucido, e di sogno lucido.
Un boom editoriale, e di siti internet, sull’argomento esplose nel primo decennio del 2000.
[1] Opera buddista in lingua Pali.
[2] Adhisthana (sanscrito).
[3] E/o conoscenza propria della concentrazione di base.
[4] Ipnotizzabile.
[5] Egli usò tecniche quali: l’ordine di dormire; l’uso di pressioni delicate sul corpo.
[6] Il primo coniò il termine “ipnosi” ed introdusse la pratica di concentrare l’attenzione su un oggetto. L’attenzione focalizzata provoca uno stato di affaticamento oculare che diventa l’“esperienza destabilizzante” per indurre l’ipnosi. Il secondo fu il “primo” a capire che l’ipnosi cura attraverso la suggestione.
[7] In realtà tutte le tecniche ipnotiche conducono alla trance ipnotica usando le “risorse ipnotiche” proprie dei soggetti, non potendo essere diversamente. Nonostante ciò la letteratura così “tradizionalmente” la descrive.
[8] Per un’idea sulla tecnica ipnotica di Erickson vedere: Milton H. Erickson & Ernest L. Rossi (1982); Milton H. Erikson (1982), Opere, a cura di Ernest L. Rossi; Richard Bandler & John Grinder (1984).
[9] La tradizione indigena tibetana.
[10] Viene meno la distinzione tra: il soggetto (chi sogna); e l’oggetto (il sogno).
[11] Preciso che è la Consapevolezza che si mantiene nella Chiara Luce.
[12] Un altro modo per chiamare la: Chiara Luce.
[13] La meditazione.
[14] La presenza mentale nella ‘coscienza non-duale’.
[15] Exempli gratia: La Berge, 1980; La Berge S. P., Nagel L. E., Dement W. C., and Zarcone V. P. Jr. , 1981; Gackenbach J. & LaBerge S. P., 1988; La Berge S. P. & Rheingold H., 1990
[16] D’altronde la comprensione della natura illusoria della Realtà è fondamento della pratica.
[17] Exempli gratia: la tecnica dei nove respiri di purificazione.
[18] Exempli gratia: trasformare lo spazio circostante (usando delle immagini mentali) in un luogo sacro. La tradizione Bon immagina questo luogo protetto dalle Dakini e/o dai Buddha e/o dalle Boddhisattva.
[19] Exempli gratia: visualizzando (attraverso un’immagine mentale) un Maestro. Questo è scelto dal soggetto. Gli appartenenti alla tradizione Bon scelgono il loro Maestro tra: le Dakini; i Yidam; i Buddha. Molti ricorrono a Buddha Shenla Odker: una manifestazione di Buddha Shenrab Miwoche.
[20] I canali energetici in tibetano sono chiamati tsa.
[21] Ci sono diverse modifiche rispetto allo yoga tradizionale. Exempli gratia, le misure di riferimento dei canali.
[22] In tibetano: rlung.
[23] In tibetano: je rlung.
[24] Tiglè ha diversi significati. Nello yoga del sonno simboleggia i diversi stati della coscienza. Tiglè, deriva dall’espressione tibetana thig le. In sanscrito è tradotto con bindu (punto; goccia).
[25] I tre mondi sono: del desiderio; della forma; e dell’assenza di forma.
[26] Oltre ad essere stato co-autore, ed editore, di molte pubblicazioni tra le quali ricordo: La Berge S. P., Nagel L. E., Dement W. C., and Zarcone V. P. Jr. (1981); Gackenbach J. & LaBerge S. P. (1988; Eds); La Berge S. P. & Rheingold H. (1990).
[27] Dove La Berge fece un PhD in Psico-Fisiologia.