ABSTRACT
Ad alcuni capita di ricevere delle bollette per utenze telefoniche di cui non conoscevano neppure l’esistenza. Ad altri capita di ricevere degli avvivi di accertamento per omesso pagamento della tassa sulle concessioni governative per l’uso di cellulari. Quest’ultima situazione sarebbe “normale” se non fosse che: tale accertamento riguardi utenze mai esistite ed avute. Questi casi sono più comuni di quanto si pensi.
Spesso, dato che tali situazioni sono di modico valore (100,00 – 300,00 euro), non è possibile (di fatto) accedere alla tutela legale. Questo avviene per vari motivi (… che tratteremo in un altro articolo …). Exempli gratia, da una parte è difficile trovare un avvocato disponibile ad assumere cause “bagatellari”. Bagatellare è un processo di modico valore da un punto di vista meramente economico. Il termine non si riferisce all’importanza giuridica. Esso deriva dalla procedura bagatellare (Bagatellverfahren) prevista nel diritto austriaco (usata nella Venezia Giulia e Trentina fino al 1929) che prevedeva per le cause di modico valore forme semplificate. Da un’altra parte, quando si trova un legale e si viene a conoscenza dei costi, le persone preferiscono pagare l’indovuto poiché, alla fine, gli costa meno.
Questo, di fatto, crea una “zona franca d’illegalità” per tutte le questioni di modico valore, nella quale, l’impossibilità fattuale di tutelare il diritto stimola, incentiva ed accresce, i comportamenti illeciti (premiando quest’ultimi).
Non solo, alla fine un atto illegittimo, qualora non impugnato nei termini di decadenza, diventa definitivo.
Da questa situazione c’è solo un’uscita. Per le cause di modico valore, infatti, i cittadini dovrebbero riappropriarsi dell’esercizio della difesa personale. Cosa possibile nella giurisdizione tributaria. Infatti, il legislatore ha concesso l’Jus Postulandi (la possibilità di: sottoscrivere il ricorso; e, stare in giudizio personalmente) alle parti quando il valore della lite è inferiore ai 2.592,28 euro (ex art. 12, 5 comma, del D. L.vo n. 546/1992).
Dato che, molto spesso, i cittadini non sanno come esercitare tale diritto e quali eccezioni proporre, con questo Post si vuole illustrare un caso avvenuto. Esso può rappresentare, per quei volenterosi, un modello utile per affrontare da soli un ricorso in thema.
INTRODUZIONE
Non di rado capita che alcune Compagnie Telefoniche attribuiscano “utenze fantasma” a cittadini ingnari di ciò. Questo, non solo può comportare problemi civilistici, ma anche tributari.
Da un punto di vista civilistico, un soggetto può ricevere una bolletta / fattura per un’utenza inesistente. Il cittadino, così, si trova costretto a presentare un reclamo alla Compagnia Telefonica. Nell’inerzia della Compagnia Telefonica, spetta sempre al cittadino attivare: prima, la procedura di conciliazione difronte al CO.RE.COM. (conciliazione obbligatoria); e poi un processo civile d’innanzi al giudice naturale (che spesso, per valore, è il Giudice di Pace).
Da un punto di vista tributario, di contro, il soggetto può ricevere un avviso di accertamento fatto dall’Agenzia delle Entrate. Exempli gratia, questo accade quando l’utenza riguarda un telefono mobile. Al cittadino può essere “imputato” il non aver pagato la “tassa sulle concessioni governative” sui cellulari.
Quest’ultima evenienza accadde al contribuente di questo caso. Per riservatezza, chiameremo questo contribuente (fittiziamente) Tizio e lo indicheremo in sentenza con la lettera E.
Tizio stipulò un contratto per trasferire due utenze di telefonia mobile (che aveva con la TIM, mantenendo i relativi numeri telefonici) con la Vodafone. Il trasferimento delle utenze, però, NON ebbe mai luogo. Così, sia le bollette e sia le relative tasse governative furono regolarmente pagate da Tizio con la TIM.
A distanza d’anni, Tizio riceve un avviso d’accertamento per l’omesso pagamento della tassa sulle concessioni governative per un presunto numero telefonico mai avuto. Secondo l’Agenzia delle Entrate, Tizio avrebbe posseduto un’utenza di telefonia mobile con la Vodafone che, di contro, non ebbe.
Infatti, Tizio non ebbe alcuna utenza con la Vodafone!
Falliti i tentativi per ottenere un annullamento dell’atto in autotutela, Tizio presentò Ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. Durante la fase di Reclamo, l’Agenzia delle Entrate, non si rese disponibile a vagliare le ragioni del cittadino. Non solo, al cittadino non fu permesso neppure di conoscere quali fossero gli atti posti alla base dell’accertamento!!
Solo durante la fase di giudizio, il cittadino poté conoscere ciò che l’Agenzia delle Entrate pose a fondamento dell’accertamento. Ciò fu il contratto stipulato da Tizio con la Vodafone per trasferire le due utenze che aveva con la TIM (come detto supra). Un contratto, che però, non ebbe mai esecuzione e, soprattutto, NON riguardava l’utenza imputatagli.
La Commissione Tributaria, preso atto dell’inesistenza dell’utenza, annulla l’avviso di accertamento.
I MOTIVI DI DIRITTO ECCEPITI DAL RICORENTE
Il ricorrente, innanzi tutto, eccepì: l’assenza del presupposto di fatto per il tributo; la pregiudiziale civile.
L’assenza del presupposto di fatto consisteva nell’inesistenza dell’utenza per cui si chiedeva il tributo. La prova era data dall’inesistenza d’un contratto tra Tizio e la Vodafone per l’utenza in questione.
Una questione che la Commissione Tributaria poteva accertare all’interno d’una pregiudiziale civile.
Come secondo motivo di ricorso, il ricorrente, eccepì la nullità per assenza del contradittorio endo-procedimentale. Quest’ultimo, come ribadito dalla Cassazione (Sez. Unite, sentenza n. 19661/2014) e dalla giurisprudenza di merito (e.g.: Commissione Tributaria Provinciale di Genova, sez. 14, sent. 2019/14/2015) costituisce un principio generale del Nostro Ordinamento sempre applicabile anche in difetto di specifiche previsioni normative ad hoc per il singolo tributo.
Per finire, il ricorrente chiese un rimborso per le spese.
Fu fatto presente che il ricorso fu reso necessario da una assente “collaborazione” da parte dell’Agenzia delle Entrate (exempli gratia: non permise di conoscere gli atti posti a fondamento dell’accertamento; non considerò le istanze del contribuente in sede di autotutela e di reclamo). Tecnicamente, tali comportamenti furono eccepiti come delle violazioni al principio di correttezza (exempli gratia: art. 2 Cost.; art. 1175 c.c; Statuto del Contribuente).
La Commissione, come detto, annullò l’atto impugnato.
Qui è riportato il testo della sentenza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Commissione Tributaria Provinciale di Genova, sezione 14, riunita con l’intervento dei Signori:
Dott. Di Napoli Raffaele (Presidente)
Dott. Vinciguerra Gabriele (Relatore)
Dott. Simonazzi Roberto (Giudice)
ha emesso la seguente
sentenza
- sul ricorso n. 1359/2015;
depositato il 26/06/2015
- avverso l’Avviso di accertamento n. 13000401 TRIB. ERARIALI 2013, TASSE CC.GG.CEL
contro:
Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Genova
proposto dal ricorrente:
E. L. N. ( … Omissis …)
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per il ricorrente: annullamento dell’atto impugnato; con vittoria di spese.
Per l’ente resistente: respingere il ricorso; con vittoria di spese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente notificato E. impugnava presso la Commissione Tributaria Provinciale di Genova l’avviso di accertamento n. 13000401 \ 13, anno 2013, relativo al mancato pagamento della tassa di concessione governativa per utilizzo di telefono cellulare.
Sosteneva il ricorrente di non aver mai posseduto un cellulare avente il numero riportato nell’atto di accertamento.
Si costituiva l’Agenzia delle Entrate chiedendo il rigetto della domanda.
La causa era decisa all’udienza del 19.01.16.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate pretende dal sig. E. il pagamento della somma di euro 127,39 a causa del mancato versamento “delle tasse sulle concessioni governative” per l’utilizzo di telefoni cellulari, e relativamente al n. Vodafone 3477587091.
Non c’è però corrispondenza tra i nn. di telefono indicati sul contratto stipulato in data 25/09/13 tra il ricorrente e la Vodafone, in atti, e quello per cui si richiede il versamento della tassa.
Appare perciò plausibile la tesi di parte ricorrente, che sostiene di non aver mai attivato il n. 3477587091, non avendo avuto seguito i rapporti intercorsi con la Vodafone.
Il ricorso deve essere accolto. Le spese seguono la soccombenza si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
LA COMMISSIONE
In accoglimento del ricorso, dichiara illegittimo e annulla l’atto impugnato. Condanna la convenuta al rimborso, in favore di controparte, delle spese di giudizio, che liquida in 200,00 oltre rimborso forfettario del 15%.
Genova, 19 / 01 /2016
Il Relatore
Gabriele Vinciguerra
Il Presidente
Raffaele di Napoli